Una bella storia Collegnese
Due Torinesi, i fratelli Sergio Della Cha' e Giovanni Della Cha', realizzano nel 1873, sulla sponda destra del fiume Dora, nel Comune di Collegno, una fabbrica di fiammiferi, che dagli abitanti della zona sarebbe stata presto chiamata semplicemente La Fabbrica.
All'inizio della sua attivita', offriva lavoro a 110 operai, ma la concorrenza si fece sentire ben presto. Gia' nei primi anni del 1900 la forza operaia si era ridotta a 96 persone. In Italia, infatti, questo settore industriale era controllato da poche grandi societa', che, per sconfiggere la concorrenza, costringevano l'Opificio Della Cha' a continue innovazioni, tutte operazioni che comportavano alti costi di produzione. L'esigenza di risparmiare sui costi di produzione si ripercuoteva sulla condizione operaia. Cio' che maggiormente oggi colpisce e' che ai primi anni del 1900, la manodopera dell'Opificio Della Cha', era di 96 operai, di cui soltanto 17 uomini, mentre i restanti erano donne e bambini. All'epoca si fabbricavano solamente fiammiferi ordinari di legno di pioppo che erano presenti in grande quantita' nei terreni circostanti.
Nel primo periodo fascista, l'Opificio raggiunse la sua massima operativita' partecipando attivamente all'operazione autarchica con la produzione del Populit, un materiale da costruzione rapido e molto economico costituito dai trucioli di scarto della fabbrica di fiammiferi impastato con malta cementizia, che oggi lo si puo' definire l'antenato del cartongesso.
Con l'avvento della Seconda Guerra Mondiale la situazione economica dell'Opificio peggioro', per cui, il 30 giugno del 1940, l'intera proprieta' venne venduta ad un industriale tessile torinese G.U. Giovanni Paracchi. La nuova proprieta' cambio' totalmente la tipologia di produzione, ammodernando e variando la destinazione dell'Opificio in 'jutificio'. La produzione continuo' durante la guerra, i continui bombardamenti che colpirono la citta' di Torino nella primavera del 45 distrussero una parte dell'Opificio con struttura a Shed che fece costruire la societa' Paracchi di cui resta ancora una campata come testimonia il fabbricato oggi denominato "B". Alla fine della guerra la famiglia Paracchi compro' quattro capriate dall'allora Azienda Trasporti Torinesi che venivano smantellate nel deposito di Borgo san paolo. Rimontate hanno dato vita a quelli che oggi sono denominati Fabbricati "A1", "A2", "A3", "A4". L'Opificio nel suo periodo d'oro era vissuto come una grande famiglia infatti oltre ai fabbricati oggi denominati "A", "B", "M", "N", "O" dove veniva fatta la produzione vi erano fabbricati destinati agli operai come refettorio e dormitorio che sono i fabbricati oggi denominati "F", "I", per finire con la palazzina "E" del direttore dell'Opificio che allora viveva la fabbrica come la sua famiglia.
Con la crisi del settore tessile la famiglia Paracchi con l'arrivo di Alfredo al comando dell'azienda e successivamente del figlio Michele, chiuse l'Opificio di collegno spostando l'attivita' nella fabbrica di Via Pianezza e successivamente in quella di Via Reiss Romoli. Negli anni successivi vennero affittati alcuni locali a piu' aziende, una delle ultime con la crisi del 1992 fu costretta a chiudere. Nel frattempo il Comune di Collegno dovette trovare una destinazione al popolo Rom, destinando un'area vicina all'Opificio all'incorcio tra Strada Basse Dora e Via della Berlia, con questa operazione l'intera zona precipito' nel peggiore degrado, quello che oggi e' l'ingresso principale dei fabbricati "I" e "L" era una discarica, i fabbricati servirono come dimora ad extracomunitari, l'Opificio anche denominato Ex Area Paracchi ando' piu' volte sulle pagine dei quotidiani locali per retate della Polizia e dei Carabinieri. Fino a quando nel 2000 un imprenditore del settore antincendio si imbatte per puro caso nei ruderi di questo antico opificio che purtroppo della gloriosa storia aveva ormai piu' ben poco strutture fatiscenti, tetti pericolanti, alberi cresciuti sui tetti e soprattutto la desolazione di un luogo che aveva contribuito alla storia economica e operaia della citta' di Collegno, fu un crescere di emozioni e sensazioni quelle che portarono Giorgio Calestani a voler intraprendere la difficile strada del recupero di questo antico opificio testimone di quell'archeologia industriale da lui tanto amata, forse anche perche' la sua infanzia era stata vissuta tra le mura di un'altra fabbrica tessile, la Inramit SpA di Druento dove il padre era dirigente.
Da questo punto inizio' la difficile ricerca della proprieta' e l'estenuante trattativa con la stessa, nel frattempo si venne a conoscenza che una parte del fabbricato (forse quello piu' affascinante e antico) era stata dismessa per essere demolita e consentire al suo posto la costruzione di una strada. Nei successivi piani regolatori la strada prevista fu poi spostata, confermando tutta l'area su cui sorge il fabbricato Zona Industriale. Si inizio' quindi una trattativa con la Citta' di collegno per anullare la dismissione, finalmente a settembre del 2002 la Citta' di Collegno discusse in consiglio l'offerta economica per salvare il sito e si arrivo' a una definizione.
Il 22 di novembre del 2002 si firmo' l'atto di acquisto.
Puo' sembrare la fine della storia ma da qui inizio' la parte piu' impegnativa.
IL RECUPERO CONSERVATIVO DI UN PEZZO DI STORIA SOCIO-ECONOMICA DELLA CITTA' DI COLLEGNO